Resistenza, siamo al completo (di M. Travaglio)

Nel 2005, sentendo puzza di cadavere dalle parti di Palazzo Grazioli, l’eroico Francesco Giorgino rilasciò una vibrante intervista a Libero per denunciare le censure targate Mimun. Fu prontamente allontanato dal video. Poi Berlusconi rischiò di rivincere le elezioni e l’efebico mezzobusto le coronarie. Alla fine l’Unione vinciucchiò, ma durò poco. E quando tornarono quegli altri, centinaia di giorgini furono costretti all’ennesimo salto sul carro del nuovo vincitore. E’ lo spoils system all’italiana, già immortalato da Totò e Fabrizi ne “I tartassati”: Totò, commerciante ed evasore fiscale, tenta di ingraziarsi il maresciallo della Tributaria. Gli par di intuire che il sottufficiale sia un nostalgico del Ventennio, e si butta a pesce: “Marescia’, quando c’era Lui i treni arrivavano in orario! Italianiiii! Eh eh”. Ma è tutto un equivoco. Il maresciallo si dissocia offeso: “Ma cosa ha capito? Guardi che io sono anti!”. E Totò, con agile guizzo: “Ah, anch’io. Mi sarà scappato un pro, ma sono anti!”. Ora, in questo feroce crepuscolo di regime, è iniziato il “mi sarà scappato un pro”, anzi il “sempre stato anti”. Ha cominciato Cirino Pomicino, denunciando che un suo pezzo critico su Berlusconi è stato censurato dal Giornale di Berlusconi: ma pensa un po’. L’ha seguito a ruota Giorgio La Malfa, annunciando la sua uscita dal Pdl che l’ha molto deluso, dopo 15 anni di poltrone.

Un altro storico trombato di corte, Marcello Pera, fa sapere al Corriere che è molto amareggiato: ha scoperto, con un certo ritardo, che il Pdl non è proprio un cenacolo di liberali (e, se l’ha scoperto lui, potrebbe accorgersene persino Ostellino). Il sottosegretario Nicola Cosentino denuncia oscure manovre di “certi frocetti che congiurano a Roma contro di me”. Intanto Montezemolo, che nel 2001 aiutò Berlusconi a vincere le elezioni consentendogli di annunciare la sua nomina a ministro (smentita solo dopo le elezioni), scalda i motori nei box della Fondazione Italia Futura. Pare sia interessato pure Beppe Pisanu, anche lui “posato” dopo anni di cieca fedeltà: pochi mesi fa, da presidente dell’Antimafia, voleva “tagliare le unghie ai magistrati”. Piercasinando Furbini, dopo aver soavemente votato 15 condoni e uno scudo fiscale, fa la faccetta malmostosa per lo scudo-bis, senza spiegare cos’abbia di diverso dagli altri. E manca poco all’iscrizione d’ufficio alla Resistenza per Corrado Calabrò, presidente dell’Agcom, che dopo lunga obbedienza ha rifiutato di ricevere il dg Rai Mauro Masi per sistemare Annozero. E’ la rivolta di Spartacus, che si affranca dopo anni di servaggio. Cos’altro è l’ukase del duo Scajola-Romani contro la Rai, se non una messa in mora di Masi per non aver ancora chiuso i programmi additati dal premier chez Vespa? E’ la prima volta in 15 anni che un editto non viene eseguito.

Ora si cerca affannosamente un’Eva Braun disposta a immolarsi nel bunker di Palazzo Grazioli, col ducetto e le escort. Per carità, à la guerre comme à la guerre. Ma forse è il caso di stabilire una scadenza e un numero chiuso per la Resistenza: onde evitare che, prima o poi, s’intruppi pure quel giornalista mèchato che l’altra sera ad Annozero inventava l’ombrello: ammetteva che la libertà d’informazione se la passa maluccio perché non gli han lasciato scrivere della Carfagna sul Giornale carfagno (ieri Feltri l’ha conciato per le feste: “cestinare i suoi pezzi non è censura: è un’opera buona”). Ecco, prima che ci venga la tentazione di difendere il povero Silvio dai suoi galeazziciano all’amatriciana, meglio precisare che le iscrizioni alla Resistenza sono chiuse da un pezzo. Astenersi perditempo e voltagabbana.

via | l’Antefatto

Propaganda continua

IMPERATORE[1]

Il miglior presidente del Consiglio che l’Italia abbia mai avuto negli ultimi 150 anni va ripetendo in giro che la consegna di 47 chalet a 200 dei trentamila sfollati per il terremoto d’Abruzzo dopo appena 162 giorni rappresenta “il cantiere più grande del mondo”, nonché l’opera di ricostruzione più rapida e imponente della storia dell’umanità. Anche meglio della muraglia cinese e della piramide di Cheope. Non parliamo poi della bonifica delle paludi pontine e della battaglia del grano, che gli fanno un baffo. A tenergli bordone c’è l’eccellentissimo Guido Bertolaso, il gran ciambellano della Protezione civile nonché “uomo della Provvidenza” che tutto il mondo ci invidia perché senza di lui non sapremmo proprio come fare: anche lui si loda e si imbroda a proposito della ricostruzione più rapida e imponente eccetera. La stampa al seguito registra e rilancia.

Peccato che non sia più in vita Indro Montanelli, che dopo il terribile sisma del 1980 in Campania e Basilicata, raccolse tra i lettori del suo Giornale (quello vero, non la tetra parodia oggi in edicola) un bel po’ di quattrini e consegnò ai terremotati di Castelnuovo di Conza un intero villaggio di nuove case, il “Villaggio Il Giornale”, inaugurato insieme all’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini 170 giorni dopo il sisma. Cioè soli 8 giorni dopo l’attuale ricostruzione più imponente e più rapida eccetera. Ma ci fu anche chi arrivò molto prima: lo staff di Giuseppe Zamberletti, democristiano lombardo concreto ed efficiente, che senza essere sottosegretario a nulla, ma in veste di commissario straordinario di governo, mise a frutto l’esperienza maturata nel 1976 in Friuli e riuscì a consegnare 150 chalet (identici ai 45 inaugurati ieri dal premier, anche se a pagarli è stata la provincia autonoma di Trento, governata da Lorenzo Dellai, centrosinistra) alla popolazione di Ariano Irpino, che aveva appena pianto 300 morti, riuscendo a seppellirli solo tre settimane dopo. Quando avvenne la consegna? Qualcuno, sentita la premiata ditta B&B, nel senso di Berlusconi & Bertolaso, dirà: sicuramente non prima di 170 giorni, altrimenti gli annunci del presidente del Consiglio e del capo della Protezione civile sarebbero nient’altro che balle. E i giornali che le registrano senza batter ciglio sarebbero nient’altro che uffici stampa. Bene, tenetevi forte: Zamberletti consegnò ad Ariano i primi prefabbricati appena 60 giorni dopo il terremoto e le 150 casette con giardino dopo soli 122 giorni, dando un tetto permanente a 450 persone: la metà dei superstiti. Cioè impiegò ben 40 giorni in meno della ricostruzione più imponente e rapida eccetera, per fare il triplo del migliore presidente del Consiglio degli ultimi 150 e del capo della Protezione civile che tutto il mondo ci invidia.

Con tre lievissime differenze, fra il 1980 e oggi. Primo: il terremoto in Campania e Lucania si estese per quasi due regioni intere, fece 3 mila morti (10 volte quelli d’Abruzzo), 9 mila feriti e 300 mila sfollati. Secondo: all’epoca la Protezione civile non esisteva: i soccorsi erano coordinati dalla radio della Rai, con le telefonate in diretta degli amministratori e dei cittadini. Terzo: scalcinata fin che si vuole, l’Italia era ancora una democrazia. E anche il politico più infame avrebbe esitato un po’, prima di pavoneggiarsi a favore di telecamera su un red carpet di cadaveri.

via | Marco Travaglio su L’Antefatto

"Non ero stato invitato a questa trasmissione (Porta a Porta), poi oggi mi hanno chiesto se volevo partecipare tra il pubblico. Io non ho necessità di fare il pubblico, conto sul fatto che chi condurrà la trasmissione avrà cura di ricordare l’impegno anche del Trentino e anche delle persone del Trentino che hanno dato energia e tempo per questo progetto". Lo ha detto il presidente della Provincia di Trento, Lorenzo Dellai, ai microfoni dell’agenzia radiofonica Econews. "E’ tutto il giorno – continua Dellai – che cerco di buttare acqua sul fuoco. Anche io ho qualcosa da dire del modo un po’ sovraesposto con il quale il governo sta gestendo la consegna della case. Butto acqua sul fuoco per non coinvolgere la Protezione civile in polemiche politiche, noi non siamo in Abruzzo contro o a favore del governo, ma per gli abruzzesi". Dellai racconta l’impegno dei volontari trentini, i 17,5 milioni spesi per aiutare l’Abruzzo e le opere costruite. "Le case consegnate oggi sono state costruite da noi e finanziate dall’ente Provincia di Trento e dalla Croce Rossaspiega -. In tutto consegneremo 350 case, poi abbiamo costruito l’asilo, tre chiese e altre piccole scuole. Un impegno concreto. Siamo presenti in Abruzzo dalle prime ore subito dopo il sisma. Circa 2500 persone si sono date il turno fino ad oggi". "Voglio ricordare che oggi in Abruzzo ci sono 100 persone trentine presenti ogni giorno fin dall’aprile scorso. A noi pare normale dare un contributo, il nostro Paese è pieno di energia civile che bisogna valorizzare e tenere da parte le beghe romane". Dellai racconta anche l’iter della scuola consegnata oggi: "Abbiamo definito il progetto sulla base di una idea di Giulia, una delle ragazze morte nello studentato dell’Aquila".

via | Dellai: Vespa ricordi che case di Onna le abbiamo fatte noi (Eco Di Bergamo)

Domande a Bossi (senior)

… Dopo aver lanciato su Facebook il gioco "Rimbalza il clandestino", suo figlio Renzo è stato nominato membro di un osservatorio dell’Expo di Milano. Attraverso quali canali di reclutamento e in ossequio a quali criteri suo figlio ha ottenuto tale nomina da 12mila euro al mese?
Nel 1995 lei definiva Berlusconi un mafioso con cui non si sarebbe mai alleato. Quando e perché ha cambiato idea?
Il 26 luglio del 1997 lei affermò testualmente: "Il Tricolore lo uso per pulirmi il culo". Signor Bossi, ricorre ancora a questa pratica palesemente antigienica?…

via | Dieci domande a Umberto Bossi

Peculiarità italiche

«L’Italia ha una situazione unica, perché in carica avete un premier che ha davvero poco rispetto per i media. Il che è ironico, visto che li possiede quasi tutti ed è chiaro che li ha comprati per far uscire solo versioni ufficiali».      (Michael Moore, Venezia, 5 settembre)

Show tunisino

berlusconi_gheddafi[1] A parte la candida ammissione secondo cui le tv sono l’unico mezzo in grado di influenzare comportamenti e scelte delle masse (cosa nota ma che in Italia è ormai vietato ricordare) nell’intervento inaugurale alla tv libica "Nessma";, che per il 25% è di Mediaset, più o meno come a Porta a Porta, Berlusconi ne dice di tutti i colori…
Mentre con gli alleati leghisti respinge i barconi di poveracci che arrivano dall’Africa irritando il resto dell’Europa, Berlusconi spiega che gli immigrati vanno accolti e guardati con cuore, perchè anche l’Italia è stato un paese di emigranti.
Conclusione fantastica: la crisi, in Italia, non c’è o si sente di meno perchè lo stato a chi perde il lavoro dà l’80% del reddito perso. Inutile dire che gli applausi si sprecano. Da non perdere.

via | unita.it

La libertà di stampa e gli attacchi del Sultano a Repubblica, visti da alcune testate straniere

 

OLIVENNES: "LA LIBERTÀ DI STAMPA È SACRA"

In Francia vige un’antica usanza repubblicana. Il governo non deve attaccare la stampa. In democrazia la libertà di stampa è sacra. Ed è altrettanto sacra la separazione dei poteri. Dunque è legittimo chiedere che chi governa sappia difendere le istituzioni e le regole democratiche. Capisco però che da voi possa essere diverso. In Francia, il potere può intrattenere rapporti di amicizia, di affinità con grandi media, ma mai di proprietà o di controllo diretto. Non è normale che Berlusconi si sia sempre rifiutato di rispondere alle 10 domande di Repubblica. La stampa deve spingere il potere a dire la verità ai cittadini, è il suo compito primordiale. Se questo non avviene, allora significa che c’è un problema. E bisogna cominciare davvero a preoccuparsi.
Denis Olivennes (direttore Nouvel Observateur)

CAREY: "DENUNCIA SCANDALOSA"

La decisione di Berlusconi di denunciare "Repubblica" semplicemente per avere posto legittime domande sulla sue scappatelle sessuali è scandalosa. Lo stesso vale per le sue minacce di denunciare giornali negli altri paesi. Berlusconi non soltanto sta usando queste minacce per distogliere l’attenzione dall’esame minuzioso e legittimo che i media stanno facendo dei suoi recenti cattivi comportamenti; lui sta sperando che le denunce intimidiscano altri dall’occuparsi delle inchieste. Negli Stati Uniti, i media sono generalmente ben protetti da questo tipo di cause intimidatorie da un’importante condizione nella nostra legge sulla diffamazione: chi viene definito come "figura pubblica" – e questo naturalmente include i politici – ha un onere della prova più alto quando cerca di fare causa di diffamazione. Questo è un bene perché incoraggia l’esame minuzioso e netto delle figure pubbliche, specialmente dei politici, da parte dei media. E l’esame minuzioso e netto dei leader politici da parte dell’informazione è uno dei fondamenti di una democrazia sana.
Roane Carey (managing editor di The Nation)

JOFFRIN: "PUBBLICHIAMO LE 10 DOMANDE"

E’ un inammissibile attacco alla libertà di espressione e di critica. Non escludo che si possa fare ricorso alla Corte europea per contrastare questa palese minaccia al diritto dell’informazione. I metodi del primo ministro italiano mostrano un disprezzo assoluto delle regole democratiche. Rispondere alle domande dei giornalisti è infatti il minimo che gli elettori possono pretendere da ogni governante. Berlusconi invece è infastidito da ogni manifestazione di opposizione. Fa finta di dire che sono attacchi alla sua vita privata e cerca di nascondere alle troppe menzogne che ha detto in questi mesi. I suoi metodi mi ricordano quelli di Putin: manca soltanto che faccia uccidere i giornalisti più scomodi. In Francia esiste una tacita regola repubblicana che impedisce al Presidente di portare in giustizia giornalisti e oppositori.
Laurent Joffrin (direttore di Liberation)

 

BARBIER: "DANNEGGIA L’IMMAGINE DELL’ITALIA"

A giugno avevamo ricevuto una lettera di protesta dall’ambasciata italiana a proposito di una copertina dell’Express dedicata agli scandali sessuali del Cavaliere. I toni ci erano sembrati francamente eccessivi ma avevamo deciso di pubblicarla lo stesso. Berlusconi è un leader democraticamente eletto e sembra godere del consenso della maggioranza dell’opinione pubblica. Ma questo non vuole dire che possa comportarsi come più gli piace. L’immagine dell’Italia è stata gravemente danneggiata dalle sue frequentazioni private. Come dicevano gli Antichi: "La moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto". Ma io aggiungo: anche Cesare dovrebbe esserlo.
Christophe Barbier (direttore L’Express)

THREARD: "BERLUSCONI FACCIA MARCIA INDIETRO"

Il caso di Berlusconi mi ricorda la storia di Valery Giscard d’Estaing e del Canard Enchainé. Quando il settimanale pubblicò l’inchiesta sullo scandalo dei diamanti del ditattore Bocassa, il presidente promise di denunciarli. Poi, però, fece marcia indietro. Aveva capito che sarebbe diventato ancor più impopolare e che gran parte del paese lo avrebbe accusato di voler imbavagliare la stampa. E’ auspicabile che Berlusconi faccia altrettanto. Un primo ministro deve essere al di sopra della mischia.
Yves Threard (vicedirettore Le Figaro)

DE GAULMYN: "BERLUSCONI DICE COSE INCOMPRENSIBILI"

Ancora una volta, Berlusconi si comporta come un uomo d’affari che difende i suoi interessi e non come un uomo dello Stato che dovrebbe essere il garante di tutti: anche dei suoi oppositori. Gli attacchi del Cavaliere a Repubblica, tutte le cose confuse che ha detto nelle ultime settimane, sono per noi incomprensibili. In fondo, non riusciamo a capire neanche come l’opinione pubblica italiana possa tollerare tutto questo.
Isabelle De Gaulmyn (caporedattore La Croix)

RUSBRIDGER: "ESISTIAMO PER FARE DOMANDE"

Gli organi di informazione indipendenti esistono per chiedere domande scomode ai politici. In Gran Bretagna, come nella maggior parte delle democrazie, sarebbe impensabile per un primo ministro fare causa a un giornale perché fa delle domande. Sarebbe anche impensabile usare le leggi sulla diffamazione per impedire ai cittadini di sapere quello che autorevoli giornali stranieri stanno dicendo sul loro paese. Le azioni contro la Repubblica somigliano molto a un tentativo di ridurre al silenzio o intimidire gli organi di informazione che rimangono direttamente o indirettamente indipendenti dal primo ministro italiano. Spero che i giornali di tutto il mondo seguano con grande attenzione questa storia.
Alan Rusbridger (direttore del quotidiano The Guardian di Londra)

CAMPBELL: "INIMMAGINABILE"

Il tutto è ancora più straordinario perché il primo ministro in questione è a sua volta un potentissimo editore. Un fatto, anche questo, che sarebbe inimmaginabile nella cultura politica del nostro paese.
Alastair Campbell (ex portavoce di Tony Blair)

JIMENEZ: "DIFENDERE IL DIRITTO DI INFORMARE"

La nostra opinione è che la stampa democratica ha sempre rispettato l’intimità del primo ministro Silvio Berlusconi. È stato lui il primo a metterla in discussione, lui che ha cancellato questa sfera privata che adesso dice di voler difendere. La pubblicazione di fotografie delle sue feste private o le dieci domande postegli da Repubblica non pretendono di giudicare la sua morale come cittadino, ma piuttosto dimostrare che egli cerca di trasformare la politica in un prolungamento delle sue relazioni d’amicizia e del suo modo di divertirsi. Berlusconi ha preso due decisioni politiche importanti che giustificano l’interesse della stampa sulle feste di Villa Certosa e le cene nella residenza ufficiale romana. Ha voluto leggi ad hoc affinché sui voli ufficiali potesse far viaggiare invitati particolari, ed ha promosso in ruoli di responsabilità istituzionale, o nelle sue liste elettorali, persone che – lo ha detto lui stesso – avevano come unico merito quello di essere belle. Ora annuncia azioni legali contro i giornali.

Vicente Jimenez (director adjunto de El Pais)

VIDAL: "UN AVVERTIMENTO A TUTTI I GIORNALISTI"

Questa denuncia è un avvertimento a tutti i giornalisti italiani, un modo di zittire la stampa. La Repubblica ha posto domande non soltanto sono legittime ma anche doverose, visto che Berlusconi ha spudoratamente mentito al suo paese. Questo attacco legale dimostra che in Italia c’è un’anomalia, ovvero un premier proprietario di un impero mediatico che ha anche la tendenza a voler mettere sotto silenzio l’opposizione.
Esa Vidal (responsabile Europa Reporters sans Frontieres)

WERGIN: "IN ITALIA POCA PLURALITÀ"

A proposito della querela di Berlusconi legata alle dieci domande poste da Repubblica, "il fatto è strano, visto che la pluralità del panorama mediatico in Italia mi sembra già abbastanza ristretto. La situazione appare a tinte forti in generale, uno scandalo in cui sembra essere coinvolto il capo del governo italiano, feste forse con prostitute seminude, sembra molto strana, vista dalla Berlino protestante, dove governa una Cancelliera tutt’altro che a forti tinte.

Clemens Wergin (editorialista del Die Welt)

GIESBERT: "LA DEMOCRAZIA E’ MALATA"

Il conflitto tra il potere politico e la stampa è sempre latente ma quando esplode in questo modo significa che la democrazia è malata. Finora in Francia c’è stata una regola d’oro secondo la quale i Presidenti non si rivolgono a un giudice per difendersi dagli attacchi dei giornali. Per i francesi la funzione presidenziale è sacra. Il capo dello Stato sa che se si abbassasse a questi metodi contro la stampa perderebbe inevitabilmente prestigio. Il fatto che Berlusconi abbia attaccato legalmente Repubblica è un’ammissione di debolezza. Il vostro capo del governo si comporta come un qualsiasi cittadino, dimenticando il suo ruolo istituzionale. Ma per il vostro giornale è paradossalmente anche un attestato di libertà e di indipendenza.
Franz-Olivier Giesbert (direttore di Le Point)

via | Repubblica.it

Benigni show alla festa del Pd

buss_16622809_15300[1] Si parte dall’attualità. Ovvero da Berlusconi.

"Si è un po’ incattivito, ha venduto Kakà e ha comprato Feltri. Costa di meno, ma sulle punizioni non sbaglia. Pubblica le veline? Beh, è un po’ un vizio di famiglia…".

E sulla querela a Repubblica: "Ha detto che avrebbe risposto ad altre domande tipo: ‘Come stai?’ Ecco a quelle avrebbe risposto. Silvio perchè non mi inviti alle orge, tutti ignudi, chi fa l’amore con le bambole gonfiabili, chi con le pecore. Silvio ci sono i disoccupati dagli qualche escort anche a loro".

L’attore toscano scherza anche sulla libertà di stampa. "Non è vero che non c’è. Oggi Berlusconi ha dettato all’Ansa: ‘In Italia c’è la libertà di stampa e ha obbligato tutti i giornali a pubblicarla domani".

via | Repubblica.it

E’ partita l’offensiva contro i media ‘dissidenti’

 03-09-2009_20090903[1] (vignetta di Sergio Staino)

Si è cominciato col direttore dell’Avvenire, poi col direttore di Repubblica, ora con alcune giornaliste dell’Unità. Tutti rei di aver detto la sacrosanta verità.

Intanto 18.000 docenti perdono il posto di lavoro (qualcuna si affanna a dire che in realtà non son stati licenziati ma ‘semplicemente’ erano precari non confermati) e i tg quasi non ne parlano.

Se Fredom House facesse in questo momento uno studio sullo stato di informazione del nostro paese, credo che ci batterebbero anche le ex repubbliche sovietiche…